Pablito, la nostra guida, è passato a prenderci all’hotel e ci ha caricati su un pullman diretto a Chivay e al Canyon del Colca. L’escursione durava due giorni e poi ci saremmo trasferiti a Puno.
Il primo giorno è stato praticamente tutto di viaggio, con alcune soste nel mezzo. Siamo partiti da Arequipa che era mattina e, al pomeriggio, ci siamo ritrovati a toccare altezze davvero elevate (punto massimo è stato il Mirador de los Andes a 4910 m.s.m.).
La guida era molto simpatica e parlava tre lingue diverse (spagnolo, italiano e inglese). Dopo averci illustrato l’itinerario dei due giorni, ha iniziato a spiegarci che, con il pullman avremmo fatto delle soste; queste ci avrebbero permesso di acclimatarci mano a mano, in modo tale da evitare di sentirci male una volta raggiunto il punto più alto del percorso.
La prima sosta è stata in un campo dove abbiamo potuto ammirare alcune specie tipiche del posto; non solo i lama e gli alpaca (le più famose), ma anche le vigogne, animali da cui i peruviani ricavano un pregiato cashmere.
Gli animali erano ben curati, adornati con alcune treccine di stoffa e stranamente tranquilli, per cui abbiamo potuto fare alcune foto con loro.
Ancora qualche ora in pullman ed ecco che arriviamo alla seconda sosta; Pablito ci ha spiegato che questa tappa era necessaria per poter assaggiare il mate Inca, un the a base di foglie di coca e altre erbe che serve ad attenuare il soroche, ossia il mal di montagna.
Questo the ha degli effetti benefici non solo per quanto riguarda la pressione e i giramenti di testa, ma è in grado di combattere anche nausea e mal di stomaco grazie alle foglie di muna… il tutto se non si ingoiano le foglie, altrimenti potrebbe portare ad allucinazioni e a visioni di strano tipo.
La descrizione ci aveva convinto. Non appena scesi dal pullman ci siamo subito fiondati ad assaggiarlo. Nel bicchiere era contenuta acqua calda e foglie di diversi tipi. Il sapore, di primo impatto, è molto particolare, ricorda un po’ l’odore del fieno, ma, man mano che si beve, diventa sempre più buono e dolce.
L’aria era diventata già più rarefatta rispetto alla sosta precedente. Io per il momento, non avevo avuto problemi per via dell’altitudine, invece Matteo aveva il naso tappato e si sentiva frastornato; fortunatamente dopo un po’ di minuti il the aveva fatto effetto e questi sintomi erano spariti.
SOSTA NUMERO 3: il Mirador de los Andes, ossia il punto più alto del nostro tragitto (4910 metri sopra al livello del mare). Da questo punto panoramico si possono vedere i principali vulcani che circondano la città di Arequipa, per questo viene definito anche Mirador de los vulcanos.
Matteo se la stava prendendo con calma, ma io avevo fretta di scendere dal pullman e vedere il fantastico panorama che avevo già intravisto dal finestrino. Appena messi i piedi a terra, iniziai a vedere tutto nero e a sentirmi poco bene; mi mancava l’ossigeno e stavo quasi per svenire.
Quando Matteo è sceso dal pullman avrà visto proprio un bel panorama, con in primo piano la sua ragazza sdraiata per terra inerme.
Fortunatamente, una signora peruviana che vendeva le sciarpe mi è venuta in soccorso e mi ha subito fatto masticare delle foglie di coca per tirarmi su la pressione.
Mentre mi stavo riprendendo e stavamo ammirando il paesaggio, ci siamo accorti che il nostro pullman non c’era più; avevano scaricato i bagagli di tutti i passeggeri e ci avevano lasciati lì. La verità è che il pullman era rotto e ne stava arrivando uno sostitutivo. Così ci siamo ritrovati abbandonati a 5000 metri con i nostri zaini, la speranza di sopravvivere e senza più le cuffie per ascoltare la musica (erano rimaste sull’altro pullman).
Dopo qualche tempo di attesa, il nuovo pullman è arrivato e nel tardo pomeriggio siamo finalmente arrivati a Chivay, la città dell’amore e del sexo, situata a poca distanza dal Colca canyon.
Qui, la guida ci ha accompagnati fino all’hotel e ci ha lasciato del tempo libero. Noi lo abbiamo utilizzato andando alle terme del posto (non sono altro che piscine molto affollate); in alternativa, si può fare una zip line che è poco più avanti e che attraversa l’intera vallata.
Rientro in albergo, doccia, relax e pronti per la cena. Pablito ci aveva promesso di portarci ad una festa con persone del posto; purtroppo, però, era un ristorante che faceva la pizza e dove un gruppo cantava e ballava con abiti tipici. Non fatevi ingannare come abbiamo fatto noi; non ne vale la pena e in più abbiamo mangiato la pizza dopo almeno due ore che eravamo seduti… insomma, una vera e propria perdita di tempo.
Per fortuna, prima di andare a dormire, abbiamo assistito al vero spettacolo che quella serata aveva da offrirci. La piccola cittadina di Chivay è poco illuminata e questo ci ha permesso di ammirare un cielo stupendo, pieno di stelle e con una vista mozzafiato sulla Via Lattea… era talmente vicino che sembrava si potesse toccare solo alzando un dito.
Da Chivay, il giorno successivo, saremmo partiti per il Canyon del Colca.
Continua nel prossimo articolo…
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